La chimera nella Climamitologia

La chimera, nella mitologia Greca, Romana ed Etrusca, era un mostro di orribile aspetto. Composta da pezzi di animali che andavano dal terrorizzante al ributtante, variamente assemblati alla bisogna del poeta, in alcune descrizioni vomitava anche delle fiamme. Accertato che simili bestiacce non esistono, il termine chimera è da sempre utilizzato per descrivere qualcosa di assurdo, utopico, irrealizzabile.

Al giorno d’oggi però, a quanto pare, la chimera cambia forma e diventa qualcosa di utilizzabile per immaginare il clima del futuro e le conseguenze che questo potrebbe avere per la vita su questo pianeta. E’ nata una nuova disciplina, la climamitologia.

E’ uscito sul Washington Post, sempre molto attento al tema del disastro climatico, un articolo che divulga i risultati di una recente ricerca pubblicata sui PNAS:

In sostanza, si dice, gli esseri umani hanno goduto almeno negli ultimi 6000 anni di una nicchia climatica all’interno della quale si è sviluppata la nostra società, essenzialmente godendo di temperature medie favorevoli estese a larghe fasce della superficie del pianeta. Con l’incedere del riscaldamento globale, la distribuzione geografica di questa nicchia è destinata a cambiare, rendendo non più favorevoli, anzi, abitabili, aree che ospiteranno da uno a tre miliardi di persone. Inoltre, come se non bastasse, le aree interessate da questo radicale cambiamento sono quelle dove lo sviluppo e la consistenza demografica stanno accelerando di più. La figura qui sotto, tratta dal paper e dall’articolo rende l’idea.

Espansione di regioni estremamente calde in uno scenario climatico normale. Nel clima attuale, i MAT >29 °C sono limitati alle piccole aree scure nella regione del Sahara. Nel 2070, si prevede che tali condizioni si verificheranno in tutta l’area ombreggiata seguendo lo scenario RCP8.5. In assenza di migrazione, quell’area ospiterebbe 3,5 miliardi di persone nel 2070 seguendo lo scenario di sviluppo demografico SSP3. I colori di sfondo rappresentano i MAT attuali.

Le zone in nero sono quelle dove c’è oggi una temperatura media come quella che ci dovrebbe essere nel 2100 nelle zone con riempimento tratteggiato. Ho riportato la didascalia originale della Figura 3 del paper perché è da lì che si alza il primo cartellino rosso. La proiezione è fatta utilizzando lo scenario RCP8.5 come “Business As Usual”, esattamente quello che la letteratura più recente ha chiaramente detto che non si può fare, come abbiamo più e più volte discusso anche su queste pagine, per esempio:

Se mai accadrà, ci vorranno anni prima che la letteratura perda questa, come dire, cattiva abitudine.

Ma si parlava di chimere, secondo cartellino rosso. Gli scenari climatici sono alimentati dal punto di vista dello sviluppo economico dagli SSP (Shared Socioeconomic Pathways), con i quali si ipotizzano appunto le condizioni socioeconomiche che dovrebbero condurre a diversi livelli di emissioni, quindi di impatto sul clima. Questo studio combina l’SSP3 con l’RCP8.5 perché in teoria fornisce la ricetta perfetta per il disastro, ossia alto livello di emissioni in un contesto socioeconomico degradato, concentrato su interessi propri dei singoli stati, basso sviluppo e scarsa resilienza. Ma chi ha lavorato sugli SSP ha chiaramente indicato questo accoppiamento come non plausibile, perché solo una società con elevato livello di sviluppo potrebbe arrivare alle emissioni prospettate e avrebbe inoltre diversi strumenti per far fronte all’insorgere di difficoltà. In poche parole questa combinazione è, appunto, una chimera. Nei tweet qui sotto di Roger Pielke Jr c’è la spiegazione di questo concetto:

Quindi, anche quando nei prossimi giorni, magari in una pausa da ubriacatura mediatica sul Covid, doveste imbattervi nella risonanza che questo articolo avrà anche sui nostri media, tenete conto di quello che è, una chimera, un mostro senza senso, creato con il solo scopo di generare allarme. In poche parole, questa non è ricerca, è poesia o, se preferite, climamitologia.

Post Scrittum

Spiace averci visto lungo, ma d’altronde qualche decennio di previsioni sarà pur servito a qualcosa. Arrivato puntuale appena ieri il copia e incolla dell’ANS(i)A, L’aprile del 2020 è il più caldo mai registrato, con annesso errore naturalmente. La ricerca, anzi, la chimera, non parla di 1/3 della popolazione, ma dice che da 1 a 3 miliardi di persone potrebbero subire l’impatto di questo presunto arrosto. Con una chicca finale: questo disastro, annuncia il poeta, si manifesterebbe meno velocemente dell’attuale pandemia… non ci sono davvero parole per un tale livello di insensato sciacallaggio informativo. Punto.

https://www.pnas.org/content/early/2020/04/28/1910114117

Fonte: ClimateMonitor

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