Pubblicato da Massimo Lupicino il 26 Ottobre 2021
Oggi prendiamo spunto da un articolo uscito in data 17 Ottobre 2021 e dal titolo: “L’import di Elettricità dalla Francia a +121%. Il nucleare d’Oltralpe fa la parte del leone”. Si parla dell’esplosione dell’import di potenza elettrica dalla Francia nel 2021, in buona parte a causa del calo della produzione rinnovabile.
Siccome noi siamo “green” e il nucleare ci fa schifo, giustamente importiamo energia prodotta da centrali nucleari a pochi km dal nostro confine. Ma questa è storia tristemente nota.
Continuiamo così, facciamoci del male
Si legge anche che a fronte dell’esplosione della bolletta elettrica (in buona parte dovuta allo sperpero di risorse per sostenere la “transizione”, e alla guerra mediatica e finanziaria mossa contro le compagnie petrolifere), l’Europa non trova niente di meglio che rilanciare: “Serve più Green!”.
Che suona un po’ come se un malato con la febbre alta si rivolgesse ad un medico per sentirsi dire: “40 gradi non bastano: bisogna far salire ancora la febbre!”.
Certo, ognuno ha i medici che si merita. E la storia europea insegna che troppe volte i paesi europei si sono affidati a ricette miracolose di stampo tedesco. Fino a ieri si trattava per lo più di carri armati, o meglio di panzer. Oggi che in Europa siamo diventati tutti verdi e pacifisti, si tratta semplicemente di soldi: di speculazioni sul debito pubblico, di alchimie finanziarie e di “blitzkrieg industriali” di là da venire.
Uber Klima
Ma il punto più interessante dell’articolo, e che andiamo di seguito a sviscerare ulteriormente, non è nuovo per i lettori del Villaggio. Si parla del fatto che l’elite finanziaria tedesca, a fronte del riconoscimento che l’Asia è ormai leader indiscusso nel manifatturiero e gli Stati Uniti lo sono per l’High Tech, ha ritenuto che anche la Germania dovesse essere leader in qualcosa di innovativo.
E per essere “uber alles” nel campo dell’innovazione tecnologica ha pensato di diventare il campione mondiale della tecnologia Green. Obbligando, di fatto, il resto dei paesi europei a seguirne il percorso di “transizione”.
Che gli interessi tedeschi siano al centro dell’improvvisa smania europea di tinteggiare tutto di verde è del tutto evidente dal fatto che al centro di tale “transizione” ci sono i motori, e in particolare gli autoveicoli.
Che si parli di veicoli elettrici, di celle a combustibile, di generazione di idrogeno, tutto punta in quella direzione: bisogna trasformare l’industria automobilistica tedesca in modo da portarla ad essere “leader” mondiale nell’automotive green. E tutta l’industria europea dei paesi satellite (dall’est Europa all’Italia stessa) deve dedicarsi pancia a terra alla causa. Nella speranza di raccogliere un po’ di briciole da sotto al tavolo tedesco.
Il problema è che si può essere bravi a fare le pentole, ma poi tocca fare anche i coperchi.
Una offerta nuova senza alcuna domanda
La storia dell’ultimo secolo abbondante dovrebbe aver insegnato che il dirigismo slegato dalla dinamica domanda-offerta è destinato a fallire. Eppure la “transizione” a guida tedesca si configura proprio come un esercizio di puro dirigismo. Non risponde ad una domanda da soddisfare, nemmeno in potenza: è al contrario espressione di una mera imposizione.
In quanto tale, la “transizione” tedesca non ha niente a che vedere con gli investimenti faraonici della Cina nel manifatturiero (atti a soddisfare la domanda famelica americana ed europea). Nè con la rivoluzione high-tech americana (atta a soddisfare dei bisogni che in potenza erano già fortissimi: comunicare, velocizzare i processi, comprare e vendere più facilmente).
L’approccio puramente dirigista della “transizione green” tedesca è esemplificato plasticamente dal fatto che il consumatore europeo semplicemente non avverte il bisogno di comprare un veicolo elettrico. Non vede una convenienza nel farlo, vuoi perché la macchina elettrica costa una fortuna, vuoi perché ha una autonomia limitata. O magari perché, alla luce dell’evoluzione della bolletta energetica europea, l’auto elettrica promette anche di dissanguare le finanze del proprietario.
Siccome la domanda non c’è, allora la si crea attraverso l’imposizione: legiferando in materia di emissioni di CO2. Servendosi di organismi europei pressoché totalmente sotto il controllo della Germania stessa. Sostituendo il bisogno con un obbligo. Ma questa non è economia di mercato, questa è pianificazione sovietica: è Gosplan.
Un moltiplicatore di miseria
L’altro coperchio mancante è nella scommessa che i paesi europei, oltre a raccogliere qualche briciola nella supply-chain del nuovo “motore tedesco”, saranno comunque acquirenti dei prodotti green in questione.
Se questo resta vero nei termini in cui aziende tedesche continueranno ad aggirarsi per l’Europa a disseminare pannelli fotovoltaici a destra e a manca, o a vendere tecnologie eoliche proprietarie, altrettanto non si può dire delle automobili.
È già sotto gli occhi di tutti il risvolto negativo della “transizione”, che si configura piuttosto come un puro e semplice moltiplicatore di miseria: prezzi dell’energia alle stelle, cittadini impoveriti e aziende che chiudono i battenti perché incapaci di generare profitti (dalla chimica alla siderurgia).
Come sono sotto gli occhi di tutti i piani di licenziamento di massa delle grandi case automobilistiche (circa 50,000 solo tra Daimler e Volkswagen) associati alla elettrificazione della produzione.
Se la gente non lavora (perché licenziata), difficilmente correrà a comprare un’automobile nuova. E ancor più difficilmente ne comprerà una che costa il doppio delle altre e che per giunta ti lascia appiedato dopo poche ore di utilizzo in autostrada.
L’assunzione più sgangherata
Ma l’errore più imperdonabile delle menti eccelse dietro alla “transizione” è pretendere che al pari della manifattura cinese o dell’high-tech americano, il green europeo a guida tedesca diventi una necessità imprescindibile anche per il resto del mondo.
Non lo è né può realisticamente esserlo, in quanto questo presuppone che anche il resto del mondo si doti dello stesso castello kafkiano normativo creato dall’Europa per imporre con la forza l’acquisto di un bene che nessuno vuole.
Con l’ulteriore aggravante che per l’automobilista di un paese in via di sviluppo un’auto elettrica è “imprescindibile” come può esserlo un’auto con standard anti-atomici o anti-effrazione aliena. Ovvero, è del tutto voluttuaria, quando non francamente ridicola.
Ed è a questo, in fondo, che servono le COP: ad obbligare anche gli altri a fare quello che l’Europa sta imponendo ai propri cittadini. L’equivalente di un evento fieristico globale in cui si vende clima-terrorismo con il proposito (nemmeno più celato) di vendere prodotti fisici (come le automobili) e finanziari (leggi fondi ESG), quando non di plasmare un nuovo ordine mondiale attraverso migrazioni epocali e redistribuzione associata della forza lavoro e dei rispettivi tassi di natalità
Perché la catastrofe climatica incombe. Ma se compri la Mercedes elettrica, forse te la scampi.
Non può funzionare
Se la narrativa giornalistica occidentale bombarda senza pietà i suoi sudditi con messaggi di clima-geddon dalla mattina alla sera, la realtà dei fatti (quella fatta di numeri e trend) dimostra senza alcuna possibilità di fraintendimento che non c’è nessuna catastrofe climatica in atto.
Anzi, per dirla tutta, in Europa (e non solo) non siamo mai stati meglio. L’emergenza climatica è solo nell’output di modelli climatici totalmente scassati che non sono mai stati capaci di prevedere nulla di sensato nell’ultimo mezzo secolo.
E se certa propaganda funziona in Occidente, con la funzione meramente sociale di abituare la classe media all’idea che sarà gettata in miseria e condannata all’irrilevanza, ma per una “buona causa” (il clima), è invece del tutto risibile aspettarsi che lo stesso accada in Estremo Oriente, o dall’altro lato dell’Atlantico.
I segnali che questa scommessa sia a dir poco azzardata ci sono già tutti: la Cina è interessata al “green” solo nella misura in cui essa può specularci, prevalentemente vendendo tecnologia verde in occidente. Per il resto, i cinesi non fanno mistero di accumulare a più non posso risorse idrocarburiche per proteggere la competitività del loro sistema industriale manifatturiero. In fondo è semplice: non vogliono fare la fine dell’Europa.
Lo stesso discorso vale per gli Stati Uniti, che ad uno schiocco di dita, e a seguito di un semplice cambio di amministrazione, possono tornare a spingere la produzione di idrocarburi shale con la facilità con cui si accende una lampadina. Energeticamente indipendenti, da sempre.
E poi resterà l’Europa: senza più manifattura, con un esercito di disoccupati sussidiati, e con una gamma di prodotti “green” fighissimi che però non vorrà nessuno al di fuori della disgraziata area geografica in cui quei prodotti saranno obbligatori per legge.
Verrà il giorno
Va da sè che il sogno di grandezza tedesco non contempla un evento tanto banale, quanto prevedibile.
Ovvero che venga il giorno in cui i rivali strategici europei (vuoi perché il mercato europeo sarà diventato per allora irrilevante rispetto al loro mercato interno, vuoi per motivi puramente geopolitici) cominceranno ad attaccare la narrativa clima-catastrofista.
Lo faranno a colpi di paper scientifici prodotti da istituzioni non più allineate con i desiderata geostrategici europei. Utilizzando dati che sono già a disposizione di chi li vuole utilizzare. E che ci dicono che a fronte del piccolo aumento di temperatura di un grado centigrado negli ultimi 150 anni, la catastrofe climatica, semplicemente, non si è mai materializzata. Nè promette di farlo in futuro.
E sarà un gioco da ragazzi invertire la narrativa, perché chi conosce realmente la materia sa benissimo che “in punta di paper” le previsioni di catastrofe climatica sono ribaltabili con la stessa facilità con cui si rovescia un guanto. Ché tutto quello che nella “scienza del clima settled” è dato oggi per certo, in realtà non è certo per niente (a partire dalla sensibilità del sistema alla CO2, ovvero fin nelle stesse fondamenta della teoria del riscaldamento antropogenico).
E cosa resterà allora dell’Europa? Un cimitero industriale, un esercito di disoccupati e un tessuto sociale completamente sfilacciato, immiserito e rabbioso. Sarà allora che si paleserà l’ennesimo disastro europeo di ispirazione tedesca. E come già scritto in altri post, e come già accaduto in un passato tanto tragico quanto recente, nel bunker con i tedeschi ci finiremo metaforicamente anche tutti noi.
A meno che, nel frattempo, non cambi qualcosa. Magari grazie ad una presa di consapevolezza collettiva che potrebbe maturare più rapidamente del previsto di fronte al disastro già tangibile di una transizione senza senso e disumana.
Sperare in un colpo di scena non costa nulla. Del resto, questo film l’Europa l’ha già visto troppe volte.
Fonte: ClimateMonitor
Nota: La mia avversione contro il nucleare è di pubblico dominio ma l’articolo andava pubblicato a prescindere, perché non è tanto una questione di nucleare o non nucleare ma del fatto che quello che gli inumani hanno messo in cantiere NON può essere portato a termine senza energia, che sia nucleare, chimica o di gambe che pedalano.
Quindi se le elites hanno messo su ‘sto baraccone è perchè si vada a schiantare alla prima curva.
Sembra che nessuno ci voglia arrivare a pensarlo ma soprattutto a dirlo chiaramente e che resta come un “non detto”.. come una immagine subliminale messa li a rompere i pensieri.. come un macigno interrompe una strada.. o quello che volete voi.. è invece bene dirlo in chiari termini, perché questo delirio vada a concludersi come deve andare.
Se tutte le misure fino ad ora adottate sembrano creare danni e disagi è perché sono state pensate per creare danni e disagi.
Ordo ab Chao («L’ordine si ottiene creando il caos») e’ esattamente il piano degli architetti del nuovo ordine mondiale e quello che vogliono costruire, il nuovo ordine da questo oceano di caos, è scolpito nella pietra della Stonenge americana delle Georgia Guidestones.
- Mantieni l’Umanità sotto 500.000.000 in perenne equilibrio con la natura.
- Guida saggiamente la riproduzione, migliorando salute e diversità.
- Unisci l’Umanità con una nuova lingua viva.
- Domina passione, fede, tradizione e tutte le cose con la sobria ragione.
- Proteggi popoli e nazioni con giuste leggi e tribunali imparziali.
- Lascia che tutte le nazioni si governino internamente, e risolvi le dispute esterne in un tribunale mondiale.
- Evita leggi poco importanti e funzionari inutili.
- Bilancia i diritti personali con i doveri sociali.
- Apprezza verità, bellezza e amore, ricercando l’armonia con l’infinito.
- Non essere un cancro sulla terra, lascia spazio alla natura, lascia spazio alla natura.
AGENDA 21: Protocollo OMS per la Depopolazione della Terra
“La politica demografica ha lunghi tempi di esecuzione; le altre politiche di sviluppo devono adeguarsi di conseguenza.
L’inerzia di oggi pregiudica le opzioni di domani nel quadro generale delle strategie di sviluppo e delle future politiche demografiche. Inoltre, l’inerzia di oggi potrebbe significare che domani, per rallentare la crescita demografica, si rendano necessarie misure più drastiche, meno compatibili con la scelta e la libertà individuale”.
“Un nuovo e più giusto ordine mondiale” ha recitato qualche anno fa il (meno male) ex Presidente Giorgio Napolitano, senza aggiungere o spiegare che la voluta nuova società mondiale sarà costruita sul sangue di sei miliardi e mezzo di persone.
Doppiato dall’altro ex Presidente, questa volta francese, Nicolas Sarkozy che ebbe l’impunità di dichiarare: “Il nuovo ordine mondiale si farà, che lo vogliate o meno!”
Un progetto che se soltanto si realizzasse al 50 percento farebbe sempre tre miliardi e mezzo di morti.. Un qualcosa da far girare la testa al più incallito nazista che sia in circolazione.
Non lo so se riuscite a comprendere, a visionare nel vostro cervello la portata di questo progetto.. è da restar basiti!
Il Modern Maximum è finito, sotto ogni aspetto
I TEMPI FREDDI stanno tornando, le medie latitudini si stanno RAFFREDDANDO in linea con la grande congiunzione, l’attività solare storicamente bassa, i raggi cosmici che nucleano le nuvole e un flusso di corrente a getto meridionale (tra le altre forzature).
Sia il NOAA che la NASA sembrano concordare, se si legge tra le righe, con NOAA che afferma che stiamo entrando in un grande minimo solare ‘in piena regola’ alla fine del 2020, e la NASA vede questo prossimo ciclo solare (25) come “il più debole degli ultimi 200 anni“, con l’agenzia che mette in correlazione i precedenti spegnimenti solari a periodi prolungati di raffreddamento globale qui.
Inoltre, non possiamo ignorare la moltitudine di nuovi articoli scientifici che affermano l’immenso impatto che il Beaufort Gyre potrebbe avere sulla Corrente del Golfo, e quindi sul clima in generale.

Grande minimo solare
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Inversione magnetica dei poli
I canali dei social media stanno limitando la portata di Megachiroptera: Twitter, Facebook ed altri social di area Zuckerberg hanno creato una sorta di vuoto cosmico intorno alla pagina ed al profilo mostrando gli aggiornamenti con ritardi di ore.
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